Un radioamatore appassionato racconta la sua collezione di apparecchi d’epoca e l’organizzazione di eventi dedicati alla storia delle onde radio.
Seduti nel suo accogliente laboratorio ad Aprilia, circondati da un affascinante esercito di radio antiche che paiono sussurrare storie di un tempo andato, incontriamo il Signor Franco Nervegna. La sua passione per il collezionismo di radio d’epoca e per l’elettronica in generale traspare da ogni suo gesto, da ogni parola che pronuncia.
Signor Nervegna, la sua collezione rivela un amore per le onde radio nato in un’epoca ben diversa dall’attuale. Cosa l’ha affascinata così tanto di questo mondo “senza fili” negli anni ’60?
“Ah, la magia di sentire voci e suoni arrivare da lontano, senza un collegamento fisico visibile… per un ragazzo era qualcosa di straordinario! Nell’era dei telefoni fissi, immaginare di poter comunicare a distanza, semplicemente attraverso l’etere, aveva un che di fantascientifico. Questa meraviglia mi ha letteralmente catturato.”

Lei ha trasformato questa fascinazione giovanile in una vera e propria passione, coltivata parallelamente al suo lavoro nell’elettronica. Come si è evoluto questo suo interesse fino a diventare collezionismo di radio antiche?
“Diciamo che ho sempre avuto le mani in pasta con l’elettronica. Il lavoro mi ha offerto l’opportunità di esplorare sia il mondo digitale, ma la mia passione era la radio. Poi, verso i quarant’anni, ho sentito un richiamo irresistibile verso le radici di tutto questo: le valvole termoioniche e le radio d’epoca. Era come tornare alle origini della comunicazione senza fili, riscoprire la bellezza e l’ingegno di quegli apparecchi.”
La sua collezione spazia principalmente tra le radio italiane del periodo 1930-1960, ma include anche pezzi stranieri. Qual è il criterio principale che guida le sue scelte?
“L’emozione, direi. Una radio deve colpirmi, accendere la mia fantasia. Può essere per la sua forma inusuale, per una particolare soluzione tecnica adottata all’epoca, o semplicemente per la storia che sembra raccontare. Le radio italiane di quel periodo hanno un fascino particolare per me, forse per un senso di appartenenza, ma non mi precludo nulla di interessante provenga da altri paesi.”
La ricerca di questi “cimeli” l’ha portata a frequentare mostre mercato e mercatini dell’antiquariato. Qual è il suo ricordo più vivido legato a una di queste “scoperte”?
“Oh, ce ne sono tanti! Ma la sensazione di trovare un pezzo a lungo cercato è impagabile. Ricordo una volta, in un piccolo mercatino domenicale, scovai una Radiomarelli Rurale degli anni ’40 in condizioni sorprendentemente buone, ma senza fregi. Il cuore mi batteva forte! Ma al di là del singolo ritrovamento, la vera ricchezza sta nello scambio con altri appassionati, nelle chiacchierate improvvisate, nella condivisione di un interesse comune.”
Lei parla di un “piccolo gruppo di appassionati” e della nascita dell’Associazione Culturale “Quelli della Radio”. Quanto è importante la condivisione in una passione come la sua?
“Fondamentale! Da soli si va lontano, ma insieme si va più forte. Nel nostro gruppo ognuno ha le sue competenze: c’è chi è un mago nella riparazione elettronica, chi nel restauro dei mobili, chi scova i pezzi di ricambio introvabili. Ci aiutiamo a vicenda, ed è bellissimo. Poi, certo, non manca un sano spirito di competizione nel trovare il pezzo più raro e desiderato! ‘Quelli della Radio’ è nata proprio per questo: per unire le forze e dare più voce alla nostra passione.”

È ammirevole il suo desiderio di trasmettere questa passione anche alle nuove generazioni, come dimostrano i suoi interventi nelle scuole e la creazione del suo sito web. Qual è la reazione dei giovani di fronte a questi oggetti carichi di storia?
“Spesso sono incuriositi. All’inizio magari li vedono come oggetti vecchi, superati. Ma quando spiego come funzionavano, la tecnologia pionieristica per l’epoca, le storie che questi apparecchi potrebbero raccontare… allora si accende una scintilla. Vedere i loro occhi illuminarsi di fronte a un pezzo di storia della comunicazione è una grande soddisfazione.”

Signor Nervegna nel suo laboratorio trovo sempre la scritta IZ0THN, lei è anche un radioamatore? Ci racconti questa passione
Ah, che bella domanda! Sì, quella “scritta” è il mio nominativo ministeriale perché sono anche un radioamatore e questa è una passione che mi accompagna da parecchio tempo e che trovo davvero affascinante.
Per farla breve, il radioamatore è una persona autorizzata a trasmettere e ricevere onde radio per scopi non commerciali. Non si tratta semplicemente di ascoltare la radio, ma di entrare attivamente in contatto con altre persone in tutto il mondo (e a volte anche nello spazio!) utilizzando diverse modalità di comunicazione: voce, codice Morse, segnali digitali.
Quello che mi ha sempre attratto di questo hobby è il mix di tecnologia, sperimentazione e il lato umano del contatto tra persone. Pensi che con un’antenna, un ricetrasmettitore e un minimo di conoscenza tecnica, si può parlare con qualcuno dall’altra parte del pianeta! È un senso di connessione incredibile.
È un hobby che richiede un po’ di impegno e per ottenere la licenza ci vuole un pò di studio, ma le soddisfazioni che regala sono davvero uniche. Ogni nuovo contatto, ogni piccolo successo tecnico, è una piccola vittoria che alimenta la passione.
Ci racconti l’incontro con la principessa Elettra Marconi in occasione dell’evento da lei organizzato “La Radio una storia italiana”: mostra del 15 – 18 Aprile 2010, dedicata al collezionismo di radio d’epoca.
Ricordo molto bene quell’occasione. L’evento “La Radio una storia italiana” nacque grazie all’ospitalità e all’interesse del Museo “Piana delle Orme” di Latina, dove da allora la mia associazione è diventata partner e ogni anno organizziamo tre manifestazioni riguardanti la radio, oltre alla gestione del padiglione delle Telecomunicazioni.
Fu un momento davvero speciale, un’occasione per celebrare un pezzo importante della nostra storia tecnologica e culturale attraverso la passione per le radio d’epoca.
Incontrare la Principessa Elettra Marconi Giovanelli in quell’ambito fu un grande onore e una forte emozione. La sua presenza diede un lustro particolare alla mostra, portando con sé un pezzo vivente della storia delle radiocomunicazioni.
Mi colpì molto la sua lucidità e la passione con cui parlava dell’eredità paterna. Nonostante il tempo trascorso, il ricordo del padre era vivido e pieno di ammirazione. Parlammo dell’importanza di preservare la memoria di queste prime radio, non solo come oggetti da collezione, ma come testimonianze di un’epoca di grandi scoperte e di un ingegno italiano che ha cambiato il corso della storia.
La sua presenza attirò molta attenzione da parte dei visitatori e dei media, contribuendo a dare ancora più risalto all’evento. Molti desideravano avvicinarla, porle domande e magari scattare una foto ricordo. Lei si mostrò sempre disponibile e gentile con tutti.
Quell’incontro fu per me la conferma di quanto la figura di Guglielmo Marconi e la sua invenzione fossero ancora vive e sentite nell’immaginario collettivo italiano, e quanto fosse importante continuare a raccontare e a valorizzare questa storia. Avere la testimonianza diretta della figlia, una persona che ha vissuto da vicino quel periodo pionieristico, fu un valore aggiunto inestimabile per la mostra e per tutti coloro che vi parteciparono.

Lei conclude ogni suo intervento e ogni suo evento ringraziando sua moglie Maria Teresa e sua figlia Valentina per il loro supporto. Quanto è importante avere il sostegno della famiglia in una passione così totalmente avvolgente?
E’ essenziale. Senza la loro comprensione e il loro incoraggiamento, sarebbe stato molto più difficile coltivare questa mia passione. A volte il tempo dedicato alle radio è tempo sottratto alla famiglia, ma la loro pazienza e il loro interesse mi hanno sempre dato la forza di andare avanti. E poi, vedere mia figlia Valentina intraprendere studi in telecomunicazioni è stata una grande gioia, un segno che forse, un piccolo seme l’ho piantato! (O magari l’ho plagiata!).
“Signor Franco, nel ripercorrere questa sua ricca e appassionante carriera, c’è qualcuno in particolare che desidera ringraziare per il supporto e l’ispirazione che le ha offerto lungo il cammino?”
“Assolutamente sì. Un ringraziamento di cuore va al Museo Piana delle Orme, un luogo che ritengo fondamentale per l’organizzazione di eventi e per la grande sensibilità che dimostra verso i temi storico-scientifici. Il loro impegno nel trasmettere queste passioni alle nuove generazioni è davvero prezioso. E poi, come potrei dimenticare tutti gli amici e i soci dell’associazione, così come i colleghi radioamatori e radiotecnici, che si dedicano con passione instancabile a ogni evento. E chiaramente, anche se mi ripeto, il mio grazie più grande va a mia moglie e mia figlia, il mio sostegno più grande.“
Con un sorriso che illumina il suo volto, il Signor Nervegna ci congeda, pronto a immergersi nuovamente nel suo mondo fatto di onde radio silenziose e storie sussurrate dal passato. La sua passione è un faro che illumina un’epoca pionieristica, un invito a riscoprire la bellezza e l’ingegno di un tempo in cui la comunicazione senza fili era ancora una magia affascinante. E il suo sito web, un vero e proprio scrigno di tesori per gli appassionati, continua a diffondere questa magia a un pubblico sempre più vasto.
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