Giovanni Scifoni sul palco il 18 marzo in un’entusiasmante rappresentazione teatrale che ci mostra un San Francesco che non conosciamo
Uno spettacolo unico nel suo genere si appresta ad approdare al teatro D’Annunzio di Latina. Il prossimo 18 marzo andrà in scena infatti “Frà”, incentrato su San Francesco, la superstar del medioevo. E’ una rappresentazione scritta e interpretata da Giovanni Scifoni con la regia di Francesco Ferdinando Brandi. “Come si fa a parlare di San Francesco D’Assisi senza essere mostruosamente banali? Come farò a mettere in scena questo spettacolo senza che sembri una canzone di Jovanotti? Se chiedo ad un ateo anticlericale “dimmi un santo che ti piace” lui dirà: Francesco. In quell’epoca era pieno di santi e movimenti eretici che avevano fatto la stessa scelta estrema. E quindi cosa aveva di speciale questo coatto di periferia piccolo borghese mezzo frikkettone che lascia tutto per diventare straccione? Aveva di speciale che era un artista. Forse il più grande della storia. Le sue prediche erano capolavori folli e visionari. Erano performance di teatro contemporaneo. Giocava con gli elementi della natura, improvvisava in francese, citando a memoria brani dalle chanson de geste, stravolgendone il senso, utilizzava il corpo, il nudo, perfino la propria malattia, il dolore fisico e il mutismo.”
Il monologo, orchestrato con le laudi medievali e gli strumenti antichi di Luciano di Giandomenico, Maurizio Picchiò e Stefano Carloncelli, si interroga sull’enorme potere persuasivo che genera su noi contemporanei la figura pop di Francesco e percorre la vita del poverello di Assisi e il suo sforzo ossessivo di raccontare il mistero di Dio in ogni forma, fino al logoramento fisico che lo porterà alla morte, dalla predica ai porci fino alla composizione del cantico delle creature, il primo componimento lirico in volgare italiano della storia. Scifoni ci spiega ancora: “Francesco canta la bellezza di frate sole dal buio della sua cella, cieco e devastato dalla malattia. Nessuno nella storia ha raccontato Dio con tanta geniale creatività. Francesco sapeva incantare il pubblico, folle sterminate, sapeva far ridere, piangere, sapeva cantare, ballare. Il vero problema con cui mi sono dovuto scontrare preparando questo spettacolo è che Francesco era un attore molto più bravo di me. E poi il gran finale, la morte, il rapporto di fratellanza, quasi di amore carnale che aveva Francesco con Sora nostra morte corporale, dà la quale nullu homo vivente pò scappare. E neanche il pubblico potrà scappare da questo finale, incatenati sulle poltrone del teatro saranno costretti anche loro ad affrontare il vero, l’ultimo, grande tabù della nostra contemporaneità: non siamo immortali.”