Il Latina Calcio e le maglie della discordia

Domenico Ippoliti

E’ stata una mossa coraggiosa quella azzardata dal Latina Calcio in merito alle nuove divise da gioco. Link e immagini sapientemente diffusi da chi si sta occupando del marketing nerazzurro hanno riscosso consensi tra i più autorevoli portali specializzati, senza parlare dei complimenti per l’originalità giunti da numerose testate, locali, nazionali e perfino internazionali. Evidentemente ha colpito positivamente quella fantasia classicheggiante apposta sulla casacca che indosseranno Di Livio e soci, pur avendo destato nel sottoscritto il lontano ricordo di quel tappeto che mia zia esponeva orgogliosa nella sua sala da pranzo.

I likes a tutto spiano raccolti dal club di piazzale Serratore inducono dunque a un certo ottimismo riguardo le nuove strategie del sodalizio guidato da Antonio Terracciano. Emerge però qualche perplessità, e non solo per colpa del tappeto di mia zia. Il dubbio nasce dall’accostamento con la mitologica figura di Ulisse, rappresentato da un biondo (?) modello dalla fluida chioma. Dicono al Latina che hanno voluto accostare all’identità pallonara del capoluogo uno dei simboli dell’intero territorio provinciale. Spiegano al Latina che rievocare la Maga Circe servirà a proiettare la realtà del Francioni al di là dei soliti contesti, con l’ambizione di approdare perfino all’Estero.

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Se hanno proposto tutto questo, al Latina, avranno i loro validi motivi e saranno certi di ottenere dei risultati. Viene da chiedersi, però, se non fosse preferibile guardare di più in casa propria, tra le proprie mura, dentro le attrazioni del proprio patrimonio culturale, storico e ambientale. Potrebbe essere controproducente, in effetti, guardare troppo lontano quando si è già miopi con ciò che si ha alla portata. Il dubbio nasce dalla valenza effettiva di quei likes: sapranno tramutarsi in interesse, in biglietti e in introiti per il calcio del Francioni?     

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Anni fa nella redazione de "La Piazza", un signore distinto dal fare cordiale mi disse: "Ippò, tu scrivi bene. Però non parlare solo di sport!" Quel signore si chiamava Antonio Pennacchi. Da quel giorno provo a dargli retta. Forse.
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